I LIVELLI EVOLUTIVI DELLA COSCIENZA
UNO STRUMENTO PER LA DIAGNOSI EVOLUTIVA
A cura di: Eugenio D. Sepe, Adriana Onorati, Corinna Abblasio, Maria Pia Rubino, Fortunata Folino
1. Coscienza e personalità
Cosa è Coscienza e cosa è personalità?
La “personalità” è l’insieme, più o meno integrato, delle dimensioni fisica, emotiva e mentale, è l’aspetto “più visibile” di un essere umano. Essa è essenziale per la sua crescita, nel processo di adattamento al suo ambiente e, in uno sviluppo armonico, dovrà disporsi a diventare uno “strumento” capace di esprimere i talenti, le potenzialità e le più ampie visioni della realtà a lui accessibili, legate ai Valori.
Con il termine “Coscienza” viene indicato ciò che rappresenta la nostra Essenza, il nostro nucleo di identità spirituale, il nostro fiore di consapevolezza, che ha l’obiettivo primario di ritornare, all’Uno, all’energia unica da cui si è originato.
Possiamo rappresentare la Coscienza ed il collegamento con le altre Coscienze, utilizzando la metafora che ci offre Vincent Anglada, una guida Spirituale spagnola:
“Un immenso contenitore di vetro gettato al suolo si scompone in una quantità infinita di frammenti. Ognuno di questi frammenti ha adottato una forma particolare e, dovuto a questa tale forma, si sente solo, carente di pienezza e separato… Ora, in virtù di alcune leggi universali di unità spirituale, ognuno di questi frammenti possiede una vaga e lontana memoria, anche se permanente, della totalità del recipiente di cui faceva parte. Se assegniamo il nome di Dio all’immenso recipiente frammentato e di essere umano ad ognuno dei frammenti, avremo un’idea simbolica e approssimata del complesso psicologico dell’uomo, qualsiasi sia la sua razza, la sua credenza o la sua condizione sociale. La capacità infinita del frammento di ricomporsi dentro alla totalità del recipiente in cui si trovava contenuto, prende il nome mistico di Sentiero e il Sentiero, circondando la totalità del creato, è stato genericamente designato come Legge di Evoluzione.” (Anglada, Introduzione all’Agni Yoga)
Abbiamo due forti magneti, che attirano la mente e le attività di un essere umano: la Personalità, come concentrato dei desideri e delle abitudini individuali, tesa alla conservazione di ciò che si è e che si conosce e la Coscienza, come essenza connessa all’Umanità intera, intesa come spinta ad evolvere, in direzione di una crescente identificazione con l’organismo più ampio, nel quale si è inseriti e con i Valori Spirituali.
Possiamo immaginare l’Essere Umano come una lanterna: Il vetro e la struttura esterna della lanterna rappresentano la sua personalità, cioè i suoi pensieri, le sue emozioni ed il suo corpo fisico; La fiammella interna, più o meno visibile, a seconda di quanto i vetri di quella lanterna possano essere opachi, fuligginosi, smerigliati o tersi, rappresentano la sua Coscienza, la sua vera Essenza
La lanterna ha ragione di essere, e svolgerà esattamente la sua Funzione ed esprimerà il massimo della sua Bellezza quando sarà accesa, attraverso la connessione con una Fiamma originaria: la meta dell’evoluzione dell’Uomo è il progressivo sviluppo della consapevolezza della sua connessione con l’Universo circostante.
Secondo la tradizione orientale, il percorso di evoluzione, per tornare all’Uno, avviene, mediante la reincarnazione: la Coscienza migra di vita in vita, evolve e si espande attraverso l’esperienza dell’incarnazione: essa custodisce la traccia delle esperienze delle vite precedenti, che costituiscono la causa dell’attitudine generale assunta verso la vita; inoltre, contiene anche i germi delle qualità da esprimere nelle incarnazioni seguenti.
Uno dei primi terapeuti ad aver parlato di vite precedenti e Brian Weiss, uno psichiatra americano, che dal 1980, mediante l’ipnosi, esplora le vite precedenti dei suoi pazienti, trovando anche delle conferme di contenuti e racconti riportati. Dopo Brian Weiss anche altri psichiatri americani hanno condotto delle ricerche scientifiche sul tema della reincarnazione, raccogliendo e vagliando molte testimonianze di ricordi, precisi e verificabili, comparsi soprattutto nei bambini, e le esperienze di morte apparente, in cui il paziente viene dichiarato clinicamente morto, ma in seguito si riprende.
Grazie alle tecniche di rianimazione sempre più raffinate, questi casi si sono fatti sempre più numerosi e le testimonianze di questi pazienti parlano di un dopo-vita, le cui descrizioni coincidono con chi ha conservato i ricordi di una vita precedente e del passaggio tra due vite.
2. La visione della “patologia” secondo la PEAC
Come possiamo intendere la patologia?
Le manifestazioni psicopatologiche sono espressioni di un irrigidimento disarmonico della personalità, che non consente il fluire dell’energia della Coscienza, attivando, con l’attaccamento a vecchie forme, circoli viziosi che interrompono o rallentano gravemente il percorso evolutivo.
La mente comincia a spezzettare, esasperare, separare perché la personalità non perda il proprio potere.
La personalità, privata di un adeguato orientamento e di un armonico collegamento alle parti più elevate della Coscienza, accede a conoscenze e Visioni che non può comprendere, e che, anzi, la terrorizzano e la disorientano.
La dinamica descritta sembrerebbe fornire una spiegazione particolarmente efficace del binomio «genio-pazzia» >laddove la creatività della mente non trova, per qualche motivo, l’organizzazione e l’adattamento necessari per esprimersi agevolmente nella quotidianità, crea scompiglio e disarmonia nelle vecchie forme, senza riuscire ad organizzarsi in nuove configurazioni, più ampie ed armoniche di quelle precedenti.
Questo ci fa pensare alla famosa massima «laddove il pazzo affoga, il mistico nuota». Ossia quello che la personalità non integrata non riesce a gestire, può essere gestito e compreso quando la persona sta in pieno contatto con il Cuore, nella fase Mistica.
Nella PEAC, «laddove il pazzo affoga, il mistico nuota» viene ridefinita: laddove il «pazzo affoga, il Ricercatore naviga».
La PEAC, infatti, cerca di accompagnare a prendere tra le mani il timone della propria vita, attraversando le prove più impegnative, con la mappa dei Valori Spirituali di riferimento a disposizione.
Essendo, inoltre, il modello della PEAC, gerarchicamente organizzato, gli squilibri e le disarmonie rilevabili nelle diverse dimensioni, e riconoscibili attraverso le diverse categorie diagnostiche, sono un effetto di un mancato adattamento tra la Dimensione Spirituale e la personalità.
La crisi si genera attraverso l’incontro dei Valori di riferimento e le opportunità, incontrate o mancate, nella propria esistenza, di espressione di quei Valori, all’interno dei rapporti più significativi.
2.1 La sofferenza come porta per aprire la visione della propria esistenza
La sofferenza psicopatologica, in alcuni casi, apre uno squarcio nella visione della propria esistenza, come un lampo che, almeno per qualche secondo, illumina il buio, lasciando dietro di sé lo sgomento per la visione inaspettata e imprevista.
Le diverse forme di sofferenza psicopatologica trovano origine non solo nelle vicissitudini possibili nei vari stadi del corso dello sviluppo infantile (psicanalisi, o teoria dell’attaccamento) oppure nell’ambito della storia degli scambi relazionali e affettivi all’interno della famiglia (terapie relazionali).
Quelle vicissitudini e quegli scambi trovano un senso nella ricerca del senso degli accadimenti da un punto di vista spirituale, ovvero ricercando il loro fine ed effetto più ampio.
L’evoluzione di un individuo dovrebbe portare a trasformare gradualmente la sua personalità in un «canale» elastico, adattabile e trasparente, a servizio della Coscienza, in modo che i Valori Spirituali possano illuminare progressivamente l’esperienza quotidiana ed i rapporti.
Il mito della caverna di Platone
Il rapporto tra la Coscienza e la personalità non equilibrata fa pensare a quanto descrive Platone con il mito della caverna.
Platone invita ad immaginare delle persone che vivono fin dall’infanzia rinchiuse in una caverna, incatenate così strettamente da non poter neanche girare la testa. La caverna ha un’apertura che dà sull’esterno, ma la gente che ci vive ha lo sguardo rivolto verso la parete in fondo, e non vede l’uscita. Alle spalle dei prigionieri, in alto e lontano da loro, c’è un fuoco acceso che fa luce. Fra il fuoco e i prigionieri c’è un muro, lungo e basso, come quelli che costeggiano le strade di campagna. Dietro al muro, altre persone tengono in mano degli oggetti (statuette di animali e di uomini e altri oggetti di ogni genere) e li fanno sporgere al di sopra del muro. La luce del fuoco proietta dunque le ombre degli oggetti sulla parete di fronte ai prigionieri. Quelle ombre sono le uniche cose che i prigionieri abbiano mai visto, costretti come sono a star lì fermi, senza potersi voltare. Dunque – afferma Socrate – quelle persone credono che le ombre siano oggetti reali.
Se immaginiamo che uno di questi prigionieri sia improvvisamente liberato dalle catene, costretto ad alzarsi, girarsi e muoversi verso l’entrata della caverna. Dopo essere stato legato al buio tutta la vita, all’inizio sarebbe accecato dalla luce e gli farebbero male gli occhi. Vorrebbe tornare indietro e non crederebbe a nulla di ciò che vede. Avrebbe bisogno di tempo per abituarsi. All’inizio gli sarebbe più facile guardare il cielo e le stelle di notte, piuttosto che le cose illuminate dalla luce del giorno. Infine, abituatosi alla luce, arriverebbe a guardare direttamente il sole. Il prigioniero liberato, finalmente in grado di vedere il sole, sarebbe felice della sua nuova condizione e compiangerebbe chi è rimasto nella caverna.
3. I livelli evolutivi della Coscienza e le caratteristiche della personalità
Gli uomini si trovano a stadi di sviluppo molto diversi, in punti distanti sulla lunga via dell’evoluzione psicologica e spirituale, e quello che è buono, opportuno, possibile per alcuni non necessariamente lo è per altri.
“Se consideriamo anche superficialmente i vari esseri umani che ci attorniano, ci accorgeremo tosto che essi non sono ugualmente sviluppati dal punto di vista psicologico e spirituale. È facile osservare e constatare che alcuni di essi sono ancora ad uno stadio primitivo e quasi selvaggio; altri sono un po’ più sviluppati, altri più avanzati ancora, e infine alcuni – in piccolo numero – hanno trasceso l’umanità normale e stanno raggiungendo lo stadio superumano o spirituale” (da Assagioli, “La crisi di crescita spirituale”).
3.1 L’uomo comune
Per parlare dell’uomo comune, utilizziamo ancora le parole di R. Assagioli: “egli si lascia vivere, piuttosto che vivere. Prende la vita come viene e non si preoccupa del suo significato, del suo valore o del suo oggetto. (…) si dedica alla soddisfazione dei suoi desideri personali; cerca il godimento dei sensi, di diventare ricco e di soddisfare le sue ambizioni. Se è più sviluppato, subordina la sua soddisfazione personale all’adempimento dei vari doveri familiari e sociali che gli sono affidati, senza preoccuparsi di capire su che basi tali doveri riposano, o da quale fonte scaturiscono. Può anche dichiararsi “religioso” e credente in Dio, ma la sua religione è solo esteriore e convenzionale, e quando si è conformato alle ingiunzioni della sua chiesa e ha partecipato ai suoi riti, sente di aver fatto tutto ciò che gli è richiesto”. Ha una forte e implicita fede nella realtà della vita ordinaria, ed è legato ai beni materiali, considera quindi, in definitiva, la vita come fine a se stessa. Anche se crede in un futuro paradiso, la sua convinzione è del tutto teorica, come è dimostrato dal fatto che ha un grande timore della morte. (Assagioli, Sviluppo Spirituale e malattie nervose).
“Andare in crisi” non rappresenta la sua aspirazione, e non ha l’esperienza di considerare una crisi in una prospettiva utile e generosa, considerandola piuttosto come l’inizio di un’evoluzione catastrofica e di sicuro dolorosa.
L’uomo comune si arrabbia con la “Vita”, (percepita esterna e distante da sé) o con gli altri uomini, per gli ostacoli che incontrano e per la loro sofferenza, in cui non riconoscono il senso. Sua prerogativa è l’attribuzione all’esterno della propria sofferenza ed il tentativo di strutturare la vita quotidiana attorno alle proprie abitudini e desideri.
Può accadere che un “uomo comune” sia turbato da un improvviso (o magari lento) cambiamento nella sua vita interiore: una profonda delusione, un trauma emotivo, una grave perdita può aprire uno spiraglio inedito nel suo percorso evolutivo: una “bella” crisi si apre davanti a lui.
Nello spiraglio aperto dalla crisi, il nostro lavoro sarà quello di sostenerlo a vedere più significati, e risorse, nella realtà della sua vita quotidiana, collegando via via gli aspetti più concreti della sua vita a una visione più ampia, anche “semplicemente” cominciando a considerarsi come un membro di un gruppo più ampio, al di là del nucleo più ristretto di appartenenza, allargando gli orizzonti, cercando le “Cause” del suo presente in radici sempre più profonde ed estese, e come membro di un gruppo sempre più grande, la Società.
In questo modo, a furia di un’innumerevole sequenza di colpi dolorosi e rischiaranti, la Coscienza embrionale sale pian piano questi gradini invisibili, arrivando, un po’ alla volta, alla realizzazione massima di questo segmento evolutivo.
La fase evolutiva successiva è quella che prende il nome di “Personalità Potente”: ci troviamo, sulla “cima” dello sviluppo della personalità, che ha raggiunto il massimo livello di integrazione ed è in grado di raggiungere i suoi desideri con relativa facilità.
Possiamo parlare in questi casi della vita come di un enorme “parco giochi”, il desiderio è ancora tutto concentrato sui valori materiali. La conquista di questa vetta è importante, perché satura la personalità di ogni possibile soddisfazione. Arriva in questa fase il vizio e l’ossessione per il lusso: la personalità si concede tutto ciò che può permettersi.
3.2 L’idealista
Dopo una serie di esperienze nel “parco giochi”, per la Coscienza arriva la saturazione, così come può essere per un bambino che cresce e si stanca di giocare con lo scivolo del parco, cominciando ad utilizzarlo, intenzionalmente in modo improprio. È una fase delicata, in cui la trasgressione, (che in alcuni casi può includere l’uso delle droghe e le perversioni) rappresenta una caratteristica peculiare. Tutto questo, apre la possibilità a una sofferenza più sottile, che conduce la Coscienza alla saturazione della via orizzontale ed alla visione della sua illusorietà.
Si apre in questo caso una crisi, che porta la Coscienza a indebolire la sua identificazione con la personalità, per volgere lo sguardo verso il mondo degli Ideali, che piano piano cominciano a diventare l’obiettivo principale della vita. Siamo nella fase evolutiva dell’Idealista.
La Coscienza nella fase dell’Idealista, soprattutto all’inizio, è ancora carica delle abitudini della personalità potente: il suo sforzo è di guardare verso l’alto, oltre la nebbia della materia. La sua percezione è per forza di cose parziale, e distorta: un po’ vede, con gli occhi della sua Coscienza, realmente gli Ideali cui tende, un po’ li immagina, e tende a mescolare la realtà con l’immaginazione, senza rendersene conto.
Caratteristica fondamentale dell’Idealista è quella di riuscire a individuare, lontano, splendente, l’Ideale a cui vorrebbe tendere, e le incoerenze del sistema circostante, rispetto a quell’Ideale. Ma con un particolare: non riesce a vedere le proprie incoerenze, rifiutando il dolore che questo comporterebbe.
La Coscienza dell’Idealista tende a “raccontare la Scala” a se stessa: la costruisce nella sua mente, mescolando quelle lontane intuizioni, con un po’ di desiderio emotivo, senza mettere più di tanto in discussione la sua personalità (che in questa fase è ancora tanto forte).
L’Idealista vede il gradino successivo molto più di quanto non sia in realtà e poggia il piede con sicumera, scivola dolorosamente, e, tende ad attribuire agli altri la responsabilità di quella scivolata. Il dolore continua a svolgere pienamente la sua funzione e cioè di portare nuovi bagliori di intuizione nella mente.
L’Idealista confronta gli Ideali, di cui è innamorato, con la realtà esterna, senza cercare la Coerenza interna, poiché la sua personalità è ancora troppo forte.
Quindi, l’Idealista vive nell’illusione che può cambiare il mondo operando unicamente sulla realtà esterna, magari anche con veemenza (per sottolineare l’incoerenza altrui): questo fa sì che in nome dell’Ideale non consideri l’altro alla luce dei Giusti Rapporti.
L’aspetto evolutivo dell’Idealista si esprime nella sua disponibilità a “morire” per il suo Ideale, ovvero a sacrificare completamente la sua vita in nome di quell’Ideale e questa disponibilità, di scivolata in scivolata.
Gradualmente, di scivolata in scivolata, l’illusione di questo modo di vedere le cose si riduce pian piano e l’Idealista comincia a comprendere una lezione fondamentale: “per cambiare il mondo, devo partire da me stesso” (“Conosci te stesso”). Questa lezione comincia a portare nella personalità dell’Idealista un po’ di dolorosa coerenza: egli cerca ora di applicare nella propria vita gli Ideali in cui crede, invece di imporli agli altri. A questo punto, la vibrazione gradualmente si eleva.
3.3 Il Mistico
La Coscienza comincia a guardare la personalità un poco più da lontano e a reggere maggiormente il Vuoto: è in questo vuoto che la Visione comincia a schiarirsi e la Coscienza comincia a coltivare i primi embrioni di Reciprocità.
La Coscienza avanza lentamente verso la prossima conquista: l’apertura del Cuore.
Che intendiamo per “apertura del Cuore”? Intendiamo quella rivoluzione del proprio punto di vista, che fa saltare il diaframma della separatività e porta ad una percezione più nitida e reale della Vita. Si depotenzia fortemente la mente e si tende a vedere l’altro attraverso il Cuore, fino ad arrivare a non distinguere più sé stessi dall’altro. È la fase dei “mistici”, che vivono unicamente nella Reciprocità con l’altro e con l’Essenza Spirituale della Vita.
La Coscienza nella “fase Mistica” comporta, nelle prime fasi, alcuni eccessi, che scaturiscono proprio dal fatto che l’apertura del Cuore richiama un rivolgimento totale di ciò che era “prima”, e attraversa sbandamenti e oscillazioni, tra isolamento ed enormi aperture, che tendo a sbalestrare la personalità, che tende un po’ a sbandare, oscillando, tra solitudine ed eccessive aperture, per via degli eccessi che la sua condizione comporta.
La traduzione letterale della frase di Joseph Campbell è appunto “Le stesse acque in cui annega lo psicotico, sono le acque in cui nuota il mistico con delizia”.
3.4 L’Unione di Mente e Cuore
La condizione successiva alla “fase del Mistico” è complessa e delicata e comporta un’oscillazione potente tra personalità e Coscienza. La Coscienza, che nelle incarnazioni precedenti ha “messo in cantina” la Mente, ora tende a riprenderla, per unirla al Cuore. Per aprire il Cuore, infatti, la Coscienza ha affrontato esperienze tese all’isolamento, sia pure in gruppi, come per esempio nei conventi, ed alla preghiera, nell’obiettivo di lavorare sulla propria interiorità. All’uscita da questa fase, occorre rientrare nella società e confrontarsi con i rapporti umani, dove portare le note sbocciate nel Cuore.
I passaggi, in questa fase, sono costituiti pertanto da una lega speciale, che nasce dalla fusione di due opposte qualità: la Mente e il Cuore.
Questa lega comporta un equilibrio particolarmente delicato, visto che Mente e Cuore tendono a parlare linguaggi assai diversi.
Ci sono elementi particolarmente scivolosi sui gradini, che riguardano il potere personale, e quindi il sesso e il denaro. Infatti, questi tre elementi, sacrificati nelle vite mistiche, realizzate in precedenza, ora si riaffacciano con forza nella vita della Coscienza uscita dalla “fase Mistica” e rappresentano le prove da affrontare, affinché il Cuore possa pienamente sintonizzarsi alla Mente e la Coscienza possa utilizzare, come suo veicolo affidabile, la personalità, così raffinata.
La Coscienza si avvia verso una fase di sintesi più stabile tra Mente e Cuore: la Mente riprende pienamente il suo funzionamento e, senza essere più separativa, comincia ad operare sul piano dell’Intuizione.
Anche in questa fase, si sale e si scende più volte la Scala: i gradini, infatti, possono essere percorsi solo in termini di realizzazione della propria Funzione di Servizio. Il Gruppo, a questo punto della Scala, è un elemento vitale ed insostituibile ed il Servizio in Gruppo diviene fondamentale.
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