L’IMPORTANZA DELLA RELAZIONE NEL PROCESSO DELLA PSICOTERAPIA
Per alcuni autori, la relazione terapeutica è la “conditio sine qua non” della psicoterapia: infatti, indipendentemente dalla teoria di riferimento e dalle tecniche usate, essa produce degli effetti sullo studente, più o meno deliberatamente ricercati e diretti dal terapeuta. In questo senso, “le tecniche psicoterapeutiche sono solamente uno strumento per inviare dei messaggi terapeutici e non devono essere confuse col contenuto trasmesso, che acquista significato attraverso la relazione terapeutica” (Giusti, Montanari, Montanarella, 1997).
Per portare avanti un processo terapeutico efficace, è necessario costruire una relazione terapeutica positiva, considerando che la qualità della relazione tra terapeuta e studente influenza fortemente i risultati della terapia (Alexander, Luborsky, 1986; Gaston, 1990) e ne determina il successo.
Orlinsky e Howard (1986) propongono alcune caratteristiche che consentono di creare una relazione terapeutica positiva: investimento di energia da parte del terapeuta e dello studente, indipendentemente dagli interventi seguiti; apertura reciproca, ossia un accordo sui ruoli, che consente allo studente di acquisire fiducia nei confronti del terapeuta, che, a sua volta, partecipa attivamente al processo terapeutico; un buon contatto personale, accompagnato da fiducia, comprensione reciproca, spontaneità e riduzione delle difese; intenzione di capirsi, che consente allo studente ed al terapeuta di confrontarsi continuamente, senza mettere in pericolo la stabilità e la continuità della relazione.
Oltre a queste caratteristiche, Giusti, Montanari e Montanarella (1997) ritengono che ogni terapeuta dovrebbe “sentirsi a proprio agio e sicuro di quello che fa, stabilire una relazione di collaborazione (caratterizzata dal mutuo rispetto e dalla condivisione), permettere al cliente di parlare, esplorare idee e sentimenti e sperimentare la scarica emotiva, avere un livello adeguato di conoscenza e di competenza per applicare gli interventi più adeguati, creare comprensione reciproca e risonanza tra i partecipanti”.
C’è una stretta correlazione tra l’opinione dello studente e sul grado di empatia, di considerazione, di accettazione e di autenticità del terapeuta e il successo del trattamento: gli studenti danno molta importanza a queste caratteristiche, più che alle tecniche utilizzate dal terapeuta (Bergin, 1980).
Inoltre, accanto all’empatia, al rispetto e all’accettazione, che favoriscono l’instaurarsi ed il mantenimento della relazione terapeutica, uno psicoterapeuta efficace deve essere una persona ”sana”, equilibrata, comprensiva, affidabile e competente, e possedere un alto grado di stabilità emotiva ed un buon livello di consapevolezza di sé, che gli permetta di valutare attentamente i propri comportamenti e di comunicare in modo chiaro e mirato (Lambert, Shapiro, Bergin, 1986).
Una conoscenza approfondita di sé consente di evitare che il terapeuta trasformi l’incontro con lo studente in una occasione di appagamento dei propri bisogni contro-transferali, ed allo stesso tempo, permette al terapeuta stesso di divenire un riferimento per lo studente.
Clarkson (1997) prende in esame cinque modalità di transazione che si alternano nel corso di una terapia:
- l’alleanza operativa, che consente al terapeuta ed allo studente di lavorare insieme anche quando quest’ultimo ha, per qualsiasi motivo, il desiderio opposto;
- la relazione di transfert e controtransfert, che rappresenta il trasferimento di desideri e timori inconsci;
- la relazione riparatrice e/o evolutivamente necessaria, che il terapeuta crea per fornire una relazione correttiva o nutriente, che compensi quella carente, abusiva o iperprotettiva dei genitori;
- la relazione transpersonale, inerente alla dimensione spirituale, “è la faccia senza tempo della relazione psicoterapeutica”;
- la relazione reale, da persona a persona, distinta da quella oggettuale (Giusti, 1997).
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